Nelle giornate corte di questo freddo inverno, davanti ad una tazza fumante di tea, i pensieri fluiscono velocemente. Raccolgo tutti gli istanti della scorsa estate, fra caldo e zanzare che mi circondavano, della maglietta intrisa di sudore, della capacità intuitiva di essere tutt’uno col mondo che mi circondava, l’affanno in coordinazione con lo sguardo sulla vetta dell’ultima salita da affrontare.
La gioia che si mescola alla malinconia e la fatica spronata dalla musica di sottofondo diffusa dalle mie cuffiette, fedeli compagne di viaggio, interpretata da un violino che stride le sue note in perfetto sincrono col mio passo e ricordi di questo momento freddo, riscaldato dalla tazza che trattiene il calore del suo contenuto.
Corro sul crinale accompagnato dalle note di un brano di cui non conosco l’autore ma colgo il suo talento compositivo che calza perfettamente in questo istante, come in un concerto di musica classica ascoltato e osservato in diretta. I movimenti del vento che piega gli alberi come un maestro che dirige la sua orchestra, facendo cadere al suolo le ultime foglie che hanno resistito fino a quel momento.
Mi sveglio un po’ intorpidito da questo momento onirico, rendendomi conto che in realtà la tazza di tea, i vapori di chiodi di garofano e cannella, non sono altro che una speranza di trovarli all’arrivo del mio viaggio!
Un po’ spaesato dal sogno catapultato in una realtà dissociata, accortomi di essere avvolto nel buio, dove la direzione è illuminata dal fascio di luce della mia frontale che traccia la via nella nebbia, insieme alle goccioline che si palesano come minuscole particelle sospese nel nulla.
La differenza sta proprio qui, nel percepire il suono del vento rispetto al rumore della vita “normale”!