Durante l’ultima edizione della Gara Genova Trail, svoltasi il 27 aprile 2025, uno degli episodi più discussi è stato un gesto che ha fatto rapidamente il giro dei social. Un atleta è stato infatti ripreso mentre tagliava alcuni tornanti del percorso, probabilmente nel tentativo di risparmiare tempo e accorciare di qualche centinaio di metri. Il video, pubblicato su Instagram da un altro concorrente, ha immediatamente innescato una polemica accesa. Questo episodio offre lo spunto per riflettere su vari aspetti del nostro sport: dal rispetto del tracciato alla comunicazione digitale, passando per l’etica del trail running e il ruolo che spetta agli organizzatori. Entriamo nel merito.

Tagliare il percorso: infrazione o furbizia?

I regolamenti delle gare parlano chiaro: seguire il tracciato segnalato è obbligatorio, pena la squalifica. Eppure, ogni tanto capita di assistere a comportamenti discutibili, frutto di scelte più o meno consapevoli. Tagliare un tornante potrebbe sembrare una banalità, ma rappresenta in realtà una violazione del principio di equità tra atleti. A differenza della corsa su strada, dove si può giocare sulla traiettoria, nel trail la “linea ideale” non è una strategia soggettiva: è quella definita dal tracciatore e condivisa da tutti.

Il rispetto per il tracciato è anche rispetto per l’ambiente

Al di là dell’aspetto sportivo, c’è una questione ancora più profonda: quella ambientale. Tagliare un sentiero non è solo scorretto, ma spesso anche dannoso. Il tracciato è responsabilità dell’organizzatore, che lo studia con attenzione per minimizzare l’impatto sul territorio. Non si tratta solo di scegliere il passaggio più bello o tecnico: si deve anche evitare di danneggiare elementi storici come i muretti a secco, molto frequenti in Liguria, o preservare la flora autoctona, magari evitando di calpestare un campo di stelle alpine in alta quota. Ogni variazione arbitraria della traccia può compromettere la sicurezza degli atleti, oltre a vanificare il lavoro di chi ha disegnato il percorso. Quando ignoriamo il tracciato, non manchiamo solo di rispetto agli altri concorrenti, ma anche all’ambiente che ci accoglie e a tutti i volontari e gli organizzatori che rendono possibile l’evento.

Social media: denuncia, gogna od occasione educativa?

Un tempo episodi come questo si raccontavano al bar, o al massimo nel gruppo WhatsApp della squadra. Oggi finiscono online, diventano virali in poche ore e alimentano confronti accesissimi. Ma è giusto filmare e pubblicare il comportamento scorretto di un altro atleta? La questione è delicata. Da una parte c’è il desiderio di difendere la correttezza e la sportività, dall’altra il rischio concreto di scatenare una gogna mediatica, con conseguenze che vanno oltre la semplice infrazione. A volte, la soluzione più equilibrata potrebbe essere quella di segnalare l’episodio all’organizzazione, lasciando che siano i responsabili della gara a valutare il da farsi. Detto ciò, non va escluso che questi episodi, se affrontati con spirito costruttivo, possano diventare utili occasioni educative. Il punto è scegliere come vogliamo affrontare l’errore: con il dito puntato o con il desiderio di far crescere la cultura del trail running.

Etica del trail runner: comunità o competizione a ogni costo?

Il trail running è nato come sport di condivisione, lealtà e rispetto. Rispetto per gli altri atleti, per l’ambiente, per se stessi. Ma con l’aumento dei partecipanti e la crescita del livello competitivo, anche la tentazione di cercare scorciatoie può farsi strada. Un atleta non si misura solo per il risultato finale, ma anche per come interpreta e vive la gara. L’etica personale dovrebbe valere sempre: che si corra per salire sul podio o semplicemente per arrivare al traguardo, rispettare le regole è un dovere verso l’intera comunità.

Il ruolo delle organizzazioni

Anche gli organizzatori hanno una responsabilità importante. Possono, ad esempio, richiamare in modo chiaro e diretto al rispetto del tracciato durante il briefing pre-gara. Possono presidiare i punti più delicati con volontari o posizionare segnaletica più evidente nei tratti a rischio taglio. Possono infine stabilire regole chiare e sanzioni proporzionate per chi non le rispetta, ma anche creare momenti di dialogo post-gara per affrontare eventuali episodi in modo costruttivo.

Una riflessione aperta

Non ho la pretesa di dare risposte assolute. Preferisco invece lasciare spazio alla riflessione, e magari anche al confronto tra chi legge. Ti sei mai trovato di fronte a scorrettezze simili durante una gara? Come reagiresti se vedessi qualcuno tagliare in modo evidente? Pensiamo davvero sia utile pubblicare questi episodi sui social o sarebbe più efficace affrontarli in modo diretto e privato? E infine, cosa rende davvero etico il comportamento di un trail runner?

Un’occasione per crescere

Anche un episodio controverso come questo può diventare un’occasione per crescere come comunità. Il trail running, in fondo, è molto più di una classifica: è un patto non scritto tra atleti, natura e valori condivisi. Sta a ciascuno di noi decidere se vogliamo onorarlo, un passo alla volta. Magari senza scorciatoie.

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